I sistemi di scrittura di Sumatra meridionale sono chiamati Surat Ulu o Aksara Kaganga, di cui è difficile tracciarne l’origine.

Il semplice sistema fonetico delle lingue austronesiane occidentali portò ad una rielaborazione e semplificazione dei caratteri di origine indiana in varianti regionali, conosciuti per esempio a Bali e Giava come hanacaraka, dalle prime quattro sillabe del sistema di scrittura. Questi sono direttamente discendenti dalle varianti giavanesi e balinesi del tardo kawi.

Diverso è il discorso per quanto riguarda l’evoluzione dei sistemi di scrittura dell’isola di Sumatra (Surat Ulu nella zona centro meridionale, Surat Batak nella zona settentrionale), Sulawesi (Bugis-Makassar) e le Filippine (Sulat Bisaya, Sulat Tagalog, Surat Tagbanwa, Surant Mangyan), dove le varianti regionali si discostano notevolmente dalle varianti giavanesi e balinesi del tardo kawi.

I sistemi di scrittura di Sumatra meridionale sono chiamati Surat Ulu o Aksara Kaganga. Sono sistemi di scrittura simili tra di loro e utilizzati in un territorio molto vasto che include quattro delle dieci province in cui è suddivisa amministrativamente l’isola di Sumatra (Jambi, Bengkulu, Sumatra meridionale, e Lampung). Nello specifico, a Kerinci (Jambi) viene chiamato Surat Incung, a Bengkulu e a Sumatra meridionale Surat Ulu, mentre nella provincia di Lampung Surat Lampung.

Sono sistemi di scrittura di cui è difficile tracciarne l’origine, sebbene siano chiaramente discendenti dal kawi e molto vicini all’abugida batak.

De Casparis (1975: 66) incolpa di questa incertezza il divario nelle nostre fonti tra il XIV secolo e la fine del XVIII secolo quando il primo MS Batak raggiunse l’Europa. I sistemi di scrittura di Sumatra, infatti, erano generalmente utilizzati su materiali deperibili come corteccia d’albero o bambù, dunque non sorprende affatto che non ci siano prove chiare per questa particolare relazione.

Da un punto di vista archeologico, in particolare per ciò che concerne Sumatra va ricordato il sito di Padang Lawas (Sumatra settentrionale) luogo in cui sono stati ritrovate dozzine di rovine monumentali indu-buddiste. É un area di 35 chilometri (est-ovest) x 65 chilometri (nord-sud), contiene 33 siti archeologici di varia tipologia: monumenti, sculture, iscrizioni, artefatti. Il numero di sculture ritrovati in quest’area è superiore al numero totale di iscrizioni datate dal IX al XIII secolo a Sumatra.

In un periodo di circa tre secoli, tra XI secolo e il 1285, Padang Lawas è l’unica regione in cui le iscrizioni utilizzano la lingua franca dei commerci dell’epoca, i.e. lingua malese antica, ed è anche l’unica regione dove sono state rinvenute immagini collegate al culto Hevajra, una divinità del buddismo tantrico. Nella stessa zona fu scoperta un’iscrizione in lingua tamil e nel sito archeologico Si Pamutung sono state rinvenute monete provenienti dall’Asia centrale datate XI secolo (Perret 2014:12).

William Marsden ancora una volta costituisce la fonte più antica di informazioni su questo sito. Tuttavia, Marsden lo localizza nei pressi di un fiume chiamato Batu Bara, che non esiste in questa area, ma che molto probabilmente si riferisce al fiume Barumun, soprattuto alla sua zona navigabile situata a valle.

“In alto sul fiume Batu Bara, che si getta nello stretto di Malacca, si trova un grande edificio in mattoni, della cui costruzione non si conserva alcuna tradizione tra la gente. Viene descritto come un quadrato, o più quadrati, e a un angolo c’è un pilastro molto alto, che si suppone sia stato progettato per portare una bandiera. Sulle pareti sono scolpite immagini o rilievi di figure umane, che essi ritengono essere idoli cinesi (forse indù). I mattoni, alcuni dei quali sono stati portati a Tappanuli, sono di dimensioni inferiori a quelli utilizzati dagli inglesi.” (Marsden 2005:205).

L’iscrizione datata 1039 (Damais 1955b: 208) e ritrovata sulla statua di bronzo di Lokanātha a Gunung Tua nello stesso complesso archeologico, è di particolare interesse non solo per la data riportata ma anche a causa della lingua e del sistema di scrittura usato. Nel firmare il suo lavoro l’artista utilizza la lingua malese antica intervallata da lessemi ed espressioni della lingua sanscrita. L’uso del malese indica che la statua sia stata prodotta localmente e non importata dall’India o da Giava. Il tipo di scrittura usato è arcaico e corrispondente alla scrittura giavanese di circa un secolo e mezzo prima.

Nella provincia di Tapanuli, a Sumatra settentrionale, ritroviamo due iscrizioni particolarmente interessanti ai fini di questa disamina:

  • L’iscrizione ritrovata su una lastra di pietra di tufo (Tandihat I o Si Joreng Belangah) in lingua malese antica datata 1179 (Damais 1955: 208);
  • L’iscrizione rinvenuta su una testa a forma di elefante a Porlak Dolok in antico malese e tamil datata 1261, che suggerirebbe infatti la presenza di una classe di cittadini alfabetizzati in lingua tamil.

Entrambe queste iscrizioni utilizzano un kawi con uno stile squadrato, che presenta delle caratteristiche simili a quello riscontrato a Sumatra occidentale un secolo più tardi. La formula malese per la datazione utilizzata in queste due iscrizioni è molto simile, indicando un modello locale che verosimilmente era utilizzato all’epoca.

Questo sistema di scrittura viene definito “paléo-soumatranaise”, termine coniato da Damais (1952:44), e considerato il precursore del sistema di scrittura batak. È un sistema di scrittura molto vicino a quello del periodo Balitung (899-910), nonostante sia stato utilizzato circa 100 anni dopo. Sembra che la rielaborazione dei sistemi di scrittura provenienti dall’India sia avvenuta in modo parallelo dappertutto in Indonesia durante il primo millennio.

Tuttavia a partire dal secondo millennio, non ci sono delle caratteristiche riconoscibili. Ciò è probabilmente dovuto a sviluppi locali da forme di kawi precedenti. L’utilizzo di un sistema di scrittura arcaico potrebbe essere visto come un conservatorismo dovuto ad una distanza fisica dall’area di maggiore attività culturale dell’arcipelago.

Sebbene manchi ancora uno studio paleografico sistematico per definire ciò che distingue le antiche forme di scrittura a Sumatra da quelle in giavanese antico, e quando sono nate queste distinzioni, sembra che le iscrizioni di Padang Lawas siano testimoni della nascita di un sistema di scrittura specificamente sumatrano, anche se esso non mostra ancora nessuna delle peculiarità del sistema di scrittura batak.

Durante il periodo Majapahit (1294-1520) furono prodotte a Sumatra occidentale le numerose iscrizioni del Re Adityawarman (1310-1375), uno dei pochi sovrani storici identificati storicamente. Le iscrizioni rinvenute a Sumatra occidentale e lungo i suoi confini, ci forniscono informazioni preziose sulle pratiche religiose dell’epoca. La maggior parte degli storici crede che Adityawarman fosse figlio o nipote di un nobile giavanese e una principessa di Sumatra. Sebbene siano spesso difficili da capire, queste epigrafi indicano che Adityawarman fosse profondamente coinvolto nei riti buddisti e sostenne la fede attraverso l’edificazione di statue e templi.

Il sistema di scrittura utilizzato in queste iscrizioni è simile a quello del periodo Majapahit ma tra le maggiori differenze de Casparis (1975: 56-58) evidenzia che:

“La scrittura è quadrata e verticale, ma non angolare. Al contrario, la maggior parte degli angoli è arrotondata. Molte lettere sono serificate, ma solo nella parte superiore destra[…] Come nel caso di quest’ultima, sembra abbastanza improbabile che la scrittura malese sia derivata dalla contemporanea scrittura giavanese[…] Si sarebbe quindi portati a ipotizzare un lungo periodo, forse secoli, di sviluppo locale di questa scrittura prima che ci venga rivelata in iscrizioni su materiali durevoli.”

La comparazione del sistema di scrittura delle iscrizioni del Re Adityawarman con le iscrizioni trovate su una delle più importanti statue del tardo buddismo di Sumatra conferma le ipotesi di de Casparis. L’epigrafia ritrovata sul piedistallo della statua Amoghapāśa Lokeśvara, il bodhisattva della grande compassione, rinvenuta a Padang Roco, Dharmasraya, e datata 1286 (Damais 1955b: 101), non è di aiuto nella comprensione dell’evoluzione del sistema di scrittura. Sebbene sia precedente, il tipo di scrittura utilizzato corrisponde a tutte le altre iscrizioni contemporanee ritrovate a Giava orientale. Infatti, come si legge dall’epigrafe stessa, questa statua è una replica di un’ immagine del tempio Jago a Giava orientale (Casparis 1975: 57).

Dharmasraya era la capitale di un regno induista localizzato nei pressi del fiume Batanghari a Sumatra occidentale. Questo regno è citato anche nel più antico manoscritto in lingua malese ritrovato a Tanjung Tanah, a circa 15 km a sud-est di Sungaipenuh, la capitale di Kerinci.

Il sistema di scrittura utilizzato nel suddetto manoscritto è definito “Late Pallavo-Nusantara”, e il manoscritto è datato con test al radiocarbonio intorno a XIV secolo. Il testo contiene anche due pagine di formule magiche, probabilmente scritte durante il XVI secolo, in lingua malese ma in una variante della scrittura Kerinci che Voorhoeve descrive come “much nearer to the Middle-Malay rèntjong than in other Kerintji MSS” (Voorhoeve 1970: 384).

È quindi principalmente sulla base di considerazioni di carattere più generale, in particolare l’apparente conservatorismo della scrittura sumatrana rispetto a quella di Giava orientale, che de Casparis (1975: 58) giunge a concludere che esisteva un tipo di scrittura locale a Sumatra centrale, del quale otteniamo i dati solo dopo che esso ha subito importanti cambiamenti.

La documentazione epigrafica ritrovata a Padang Lawas non fornisce particolare supporto all’assunzione secondo cui tale sito si potesse già considerare “batak” nel periodo di cui ci stiamo occupando, o che i monumenti ritrovati siano i testimoni di un passato delle popolazioni batak. L’utilizzo del malese, nettamente differente dalle lingue batak in termini linguistici, evidenzia che in quest’area il malese era la lingua standard dell’espressione epigrafica di Padang Lawas, oppure che la lingua batak non era ritenuta adatta alla scrittura epigrafica, per la quale era preferita la lingua malese, decisamente più cosmopolita.

Attraverso il metodo comparativo tra la scrittura batak e gli altri sistemi dell’arcipelago indonesiano, e tra le stesse varianti del sistema di scrittura batak, si possono comprendere alcuni elementi per determinarne una possibile origine. Come i territori Batak anche Jambi, Bengkulu, Sumatra meridionale e Lampung sono aree montagnose, isolate e remote, dunque non accessibili facilmente almeno in passato, e di conseguenza non hanno risentito dell’influenza straniera.

L’esame diretto e comparativo dei grafemi dell’aksara ulu e aksara batak mostra notevoli somiglianze che permettono di ipotizzare un’origine comune ritrovata da Kozok (2009: 74-75) nel territorio di Sumatra occidentale, da dove il sistema di scrittura si sarebbe diffuso negli altri territori, semplificandosi nella forma e diventando più pratico per essere inciso o utilizzato su materiali quali il bambù e la corteccia d’albero.

Secondo Van der Tuuk (1971: 77) e Parkin (1978: 100) il sistema di scrittura batak si sarebbe sviluppato dal sud verso il nord, i.e. dal territorio mandailing verso il settentrione. Kozok (2009: 71; 2014: 267) fornisce una serie di nuove prove a conferma dell’origine del sistema di scrittura nei territori meridionali.

Secondo Kozok (2014: 274), il sistema di scrittura Batak si è sviluppato prima in territorio Mandailing, da dove si è introdotto nei territori Toba sud-orientali e Simalungun, quindi a Silindung e Toba nord-orientale. Da qui sarebbe entrato nei territori Pakpak. Karo è l’ultima regione ad aver ricevuto la scrittura e infatti mostra influenze sia dal pakpak che dal simalungun ma, allo stesso tempo, dimostra anche un alto grado di innovazioni (Figure 4).

I Sistemi di scrittura di Sumatra

 

[1] La missione Renania fu fondata dalla fusione di missioni minori nel 1828 a Barmen (Ariton- ang, 1994)

[2] Arsenius Lumbantobing, (1916), Porgolatanta: Buku sidjahaon ni anak sikola, Balige (Kozok, 2009)

 

References:

 

Casparis J. G. de, (1975), Indonesian palaeography: a History of writing in Indonesia from the beginnings to c. D. 1500, E.J.Brill, Leida.

Damais, L.C., (1955a), “Les ecritures d’origine indienne en Indonesie et dans le Sud-Est Asiatique continental.” Bulletin de la Societe des Etudes Indochinoises, n.s. 30: pp. 365-82.

Damais, L.C., (1955b), “Etudes d’épigraphie indonésienne : IV. Discussion de la date des inscriptions” in Bulletin de l’Ecole française d’Extrême-Orient, Tome 47 N°1, pp. 7-290.

Damais, L.C., (1962),”Études soumatranaises : I. La date de l’inscription de Hujung Langit (“Bawang”)” Bulletin de l’Ecole française d’Extrême-Orient, Tome 50 N°2, pp. 275-310.

Kozok U., (2004), “A 14 th Century Malay Manuscript from Kerinci” in Archipel 67, pp. 37-55, Parigi.

Kozok U., (2009), Surat Batak: sejarah perkembangan tulisan Batak, Ècole française d’Extrême Orient and Keperpustakaan Populer Gramedia, Jakarta.

Kozok U., (2014), “The Angkola-Mandailing script: a historical perspective” in History of Padang Lawas, North Sumatra, II, Societies of Padang Lawas: mid-ninth-thirteenth Century CE, pp. 255-283, Parigi.

Parkin H., (1978), Batak Fruit of Hindu Thought, Christian Literature Society, The Diocesan Press, Madras.

Perret D., (2014), History of Padang Lawas, North Sumatra, II, Societies of Padang Lawas: mid-ninth-thirteenth Century CE, Paris, Association Archipel (Cahier d’Archipel, 43), Parigi.

Marsden W., (2005), [1784], History of Sumatra, (Ebook Produced by Sue Asscher).

Tuuk van der H. N., (1971), A grammar of Toba-Batak, trans. by Jeune Scott-Kemball, (eds) Teew A. & Roolvink R. [published Tobasche spraakkunst, Muller, Amsterdam 1864-67, Vol. 2] Martinus Nijhoff, The Hague.

Voorhoeve P., (1970), ‘Kerintji documents’ in Bijdragen tot de taal-, land- en volkenkunde, 126(4), pp. 369-399, Leida.